venerdì 8 febbraio 2013

Interessantissimo articolo sulle pagine di Lo dico alla Sicilia


«Riprendere gli studi archeologici a S. Agata la Vetere»

  • Venerdì 08 Febbraio 2013
  • Catania (Cronaca),
  • pagina 33
Assistendo al passaggio della Santa da uno straordinario balcone su Piazza Mazzini, non ho potuto fare a meno di pensare a un luogo nascosto di questa città, sconosciuto ai più, ma di una straordinaria valenza storica, oltre che archeologica, nascosto sotto una colata di cemento nel cortile interno di S. Agata la Vetere. Un luogo, oggi sepolto dalla banalità di una divulgazione spesso priva di decoro che trova terreno fertile in una città poco attenta alla salvaguardia della sua memoria storica, in cui la reinvenzione del passato, lungo una tradizione seicentesca, sembra accontentare del tutto le esigenze culturali di cittadini e turisti.
La rifondazione della città, dopo il terremoto, fissa nell'immaginario una serie di luoghi simbolo attorno ai quali si costruisce anche l'identità cittadina.
La straordinaria invenzione seicentesca - il Carcere di S. Agata, la Casa di S. Agata, la Fornace - sovrasta del tutto la realtà storica e archeologica al punto che anche oggi le importanti indicazioni venute alla luce nel corso di lavori di restauro e scavi archeologici condotti tra S. Agata la Vetere e S. Agata al Carcere sono rimaste poco note e valorizzate.
Qualche anno fa, scavi archeologici eseguiti dalla Soprintendenza a S. Agata la Vetere, sottostanti il cortile interno della chiesa, misero in evidenza un tratto di muro, conservato solo per pochi filari, seguito degli archeologi per una lunghezza di circa 6 metri, costruito con una tecnica peculiare, con posa in opera di conci squadrati disposti a formare un disegno a scacchiera; lo scavo di approfondimento condotto lungo la faccia esterna rivelò la presenza di una piccola necropoli con gli inumati deposti con braccia incrociate sul petto, chiaro segno di appartenenza alla fede cristiana, e tutti caratterizzati dalla peculiare disposizione della testa a stretto contatto con il muro, ottenuto scalzandone parzialmente le pietre. Lo scavo venne interrotto poco dopo. La necessità di verificare la stratigrafia archeologica comporto la rimozione delle sepolture. Ma il resto del deposito archeologico è ancora lì, intatto. Il muro prosegue oltre la sezione di scavo, sulla cui parete si individuano altre tombe che mantengono lo stretto rapporto con il muro, appena descritto. Cosa si cela dietro questa evidenza?
Ho avuto modo di riflettere a lungo su questa realtà archeologica. L'evidenza dei dati ci mostra una struttura muraria, di cui è stato portata alla luce solo una piccola porzione, con caratteristiche costruttive del tutto peculiari, segno della sua importanza, e alla quale si addossavano delle sepolture in una disposizione che lascia facilmente riconoscere la modalità della sepoltura ad sanctos. E' un rituale che gli studiosi del primo cristianesimo conoscono bene: il desiderio di una sepoltura a contatto fisico con la tomba del martire, nella convinzione che quel contatto possa garantire la trasmissione della potenza salvifica connessa alla sua stessa condizione di martire nella fede. E' un segno inequivocabile del fatto che tra VI e VII secolo (a questa data dovrebbero risalire le sepolture) quel muro ha una valenza sacra; una sacralità che evidentemente gli deriva dalla sua relazione privilegiata con la sepoltura di un martire.
La lunga tradizione che fin dal medioevo vede la chiesa di S. Agata la Vetere in stretta connessione con la santa non può ovviamente lasciarci indifferenti e saremmo fortemente tentati di vedere in esso il resto di quel recinto sacro ricordato dalle fonti agiografiche relative alla martire. Nella Passio di S. Lucia, testo greco scritto alla fine dell'VIII secolo, si descrive l'arrivo della santa a Catania, in visita al sepolcro di Agata: l'ingresso in città dalla porta sud e il suo pellegrinaggio al sekos, cioè al recinto della santa.
A quella data, dunque, la sepoltura di Agata è già ritornata all'interno delle mura urbiche, in un percorso che tradizionalmente accomuna molte delle sepolture dei martiri paleocristiani. Le città cristiane accoglieranno dopo il VI secolo al loro interno, le tombe dei martiri costruendo nuovi edifici di culto e riportando intra moenia lo spazio della sepoltura, con un totale sovvertimento della cultura classica della morte e dell'uso degli spazi funerari.
Catania si inserisce perfettamente all'interno di questa evoluzione: dal culto originario, tradizionalmente individuato nel complesso martoriale, databile tra IV e VI secolo, rinvenuto negli anni '60 in via dottor Consoli (al di fuori delle mura urbiche), il culto di S. Agata viene riportato all'interno della città. Sul piano storico e documentario non sono molti i dati che ci illustrano i momenti di questa transizione; dopo la parentesi islamica il culto è definitivamente trasferito nella nuova cattedrale normanna dedicata a S. Agata e S. Maria. Nel Trecento la chiesa di S. Agata la Vetere, così riportano i documenti, appare derelicta e desolata.
Una ripresa delle indagini archeologiche intorno a S. Agata la Vetere potrebbe forse restituirci i tasselli mancanti, comprovando l'ipotesi della costruzione, in età bizantina avanzata, di un recinto sepolcrale della santa e restituendo alla prima fondazione di S. Agata la Vetere la sua dimensione, più realistica, di antica chiesa martiriale, costruita nei pressi della Porta Regia, l'antica Porta di S. Agata la Vetere, uno degli ingressi più importanti della città altomedievale, in diretta connessione con i luoghi della più antica sepoltura della Santa, lungo uno degli assi di sviluppo delle necropoli nella città tardo antica
Non mancano in questa città risorse intellettuali ed energie fisiche per far fronte ad una stagione di nuove ricerche. E' una storia tutta da scrivere, che una città più attenta al cuore delle sue tradizioni dovrebbe valorizzare; una storia che restituirebbe ai catanesi un luogo fondante, quasi a parziale risarcimento della assoluta noncuranza con cui l'espansione edilizia degli anni '60 travolse, in via Dottor Consoli, i resti del primitivo luogo di culto.
Lucia Arcifa


08/02/2013

Nessun commento:

Posta un commento